
Naturalmente ci sono ancora le motivazioni più elevate, quelle dei professionisti, che però possono essere distinti abbastanza facilmente in poche categorie:
- coloro che fotografano per ragioni inerenti al mondo dell’informazione, del giornalismo, dell’editoria; e si collocano in qualche modo nel campo dell’informazione:
- coloro che fotografano con intenti artistici ma legati strettamente al dominio della fotografia stessa, e alle su istituzioni: gallerie, editoria specializzata, ecc. qui siamo nel campo della creatività; il fotografo come artista;
- coloro che usano la fotografia come mezzo per un percorso creativo; e allora qui siamo nel campo dell’arte in senso stretto e il protagonista è prima un artista che un fotografo, un artista che usa la fotografia come potrebbe usare il video o la tela o qualsiasi altro mezzo.
È chiaro che il progetto di fotografare con una finalità filosofica non è ancora stato messo in atto. L’ipotesi di un fotografo che sia prima di tutto filosofo non ha ancora preso forma.
Precisiamo: è sempre stato possibile – anche se è stato fatto molto di rado – leggere filosoficamente le immagini fotografiche. Ma non è di questo che parlo. Intendo piuttosto alludere a un utilizzo della pratica fotografica come di una vera e propria pratica filosofica nel suo realizzarsi. Dal momento dell’esposizione a quello della riflessione di fronte al’immagine. È possibile una fotografia filosofica, intesa come un’attività riflessiva sul mondo e sulla sua rappresentazione, sullo sguardo e sul punto di vista, sui mondo possibili che la fotografia inaugura. È tempo di aprire questo percorso.
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