Sul piano d’immanenza


La fotografia lavora sul piano d’immanenza. Nel senso che, diversamente dalle altre forme di rappresentazione prive di traccia, essa non allude ad alcuna trascendenza. La sedia e i girasoli di Van Gogh sono – forse – una sedia su cui sedeva nella sua stanzetta,  e dei girasoli che egli ha visto un giorno, ma sicuramente  sono “la sedia” e i “girasoli”, essenze, idee, astrazioni, segni universali, estrinati ad andare ben oltre quegli oggetti quelle cose determinate che ne sono state il punto di partenza un giorno lontano. Il muratore di Sander invece è proprio quello, individualità unica e particolare, fermata in un attimo ormai così lontano – il secolo scorso – per cui sappiamo che certamente esso non esiste più. Certo sappiamo altrettanto bene che tale immagine può a sua volta andare oltre se stessa, alludere a dei modelli, rifarsi a delle idealità e a delle ideologie, ma questo avviene dopo, il punto di partenza è sempre il piano d’immanenza.
La fotografia in questo senso ha sempre a che fare con l'individualità, non trascende mai il proprio oggetto, non lo trasforma in un universale. Il suo contenuto di “traccia” la àncora al suolo materiale delle cose che sono fin che sono, fin che il Processo non le travolge e trasforma.

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