L’ontologia dell’immagine fotografica


Se si cerca l’origine della fotografia bisogna risalire all’invenzione della prospettiva, come tecnica di rappresentazione della tridimensionalità su un piano bidimensionale. Non è un caso che sia un pittore esperto della prospettiva come Leonardo a ipotizzare le prime camere oscure. Dalla evoluzione delle quali nasce l’apparecchio fotografico. Ma la prospettiva introduce anche l’idea di un realismo come fedeltà al mondo esterno anche mettendo in ombra la dimensione simbolica o spirituale della rappresentazione.
L’invenzione della fotografia libera, dunque, la pittura da questo obbligo di rappresentazione fedele del mondo esterno, dalla ossessione della somiglianza e sappiamo quanto questo contribuì alla nascita dell’arte contemporanea.
La fotografia come strumento di oggettività essenziale – non a caso il suo occhio si chiama “obiettivo” - . Uno strumento che sembra poter fare a meno dell’uomo. La fotografia in questo senso pare quasi l’imitazione di una maschera mortuaria, calco di luce come calco di gesso. Ciò ha sconvolto la psicologia dell’immagine. La fotografia assume una credibilità sconosciuta all’arte. Come dice Bazin che è stato il primo a porre tale questione ontologica, “La fotografia beneficia di un transfert di realtà dalla cosa alla sua riproduzione” (8) Un transfert perfettamente corrispondente da un punto di vista psicologico a quello realizzato dalla Sacra Sindone, perfetto esempio di fotografia ante litteram.
Ma la fotografia. Insiste Bazin, ci dà qualcosa di più del calco, ci dà “l’oggetto stesso, ma liberato dalle contingenze temporali” (8). Se la pittura aspira all’eternità, la fotografia invece “imbalsama il tempo, lo sottrae alla sua corruzione” (9). Questa convinzione di Bazin rappresenta anche il limite della sua riflessione. Egli cioè non coglie come invece l’originalità della fotografia e la sua condizione ibrida non consiste nel mescolare la  condizione di traccia con quella di restituzione dell’oggetto fuori del tempo, ma più semplicemente si lega al suo essere ente ibrido, intermedio fra la traccia e l’icona cioè la rappresentazione. La fotografia, infatti, è insieme sia l’una che l’altra cosa. L’oggetto reale non è mai quello rappresentato, è piuttosto quello che s’incarna nella cosa fotografica (carta, sequenza di pixel, stampa, ecc.).

Bibliografia

Aggiornata la bibliografia (vedi il link a destra): 70 titoli per fissare un punto di partenza a una filosofia della fotografia ancora tutta da costruire.
Chi volesse contribuire suggerendo altri titoli interessanti in questa direzione lo faccia commentando o scrivendomi (zampieri@zonafilosofica.it ). Ogni contributo sarà più che gradito.