Il fotografo cerca la luce, la
pura luce, ma incontra l’ombra. Coglie bene Diego Mormorio in questo senso quando
afferma che “fotografare significa innanzitutto saper cogliere la combinazione
di luce e ombra: saper vedere la luce in rapporto all’ombra e l’ombra in
rapporto alla luce”. Come le parole si sostengono
su una superficie di silenzio tolta la quale resterebbe soltanto il caos incomprensibile,
così la luce disegna l’immagine sostenendosi sopra un tessuto di ombra, di oscurità,
di buio. Un’immagine di pura luce non sarebbe diversa dall’accecamento che coglie
Dante di fronte a Dio, sarebbe una superficie inguardabile, quel tutto che non si
distingue dal puro nulla. Invece il discorso
ha bisogno di sfumature, di ombre, di una sapiente mescolanza di visibile e invisibile.
Il fotografo cerca la pura luce ma incontra l’ombra e la sua bravura sta nel giocare
con essa. Perché da quel gioco di sì e di no emerge la sua parola.
Fotografia
M’attira il
tuo sorriso come
Potrebbe
attirarmi un fiore
Fotografia tu sei il fungo bruno
Della foresta
La sua
bellezza
I bianchi sono
Un chiaro di
luna
In un pacifico
giardino
Pieno d’acque vive e d’indiavolati giardinieri
Fotografia sei il fumo dell’ardore
La sua
bellezza
E ci sono in
te
Fotografia
I toni
illanguiditi
Vi si sente
Una melopea
Fotografia tu
sei l’ombra
Del sole
Tutta la sua
bellezza.
(Apollinaire, Calligrammi,
1918)
La traccia e la relazione
“Una fotografia non è soltanto un’immagine (come lo è un
quadro), un’interpretazione del reale; è anche un’impronta, una cosa riprodotta
direttamente dal reale, come l’orma di un piede o una maschera mortuaria.” (S. Sontag)
Essere traccia significa molte cose. Nel caso della
fotografia significa anche essere sempre luogo di relazione. La fotografia, la lastra, o la massa di pixel, non
rappresentano mai, infatti, un oggetto comune, ma sempre un oggetto in relazione,
un indice nel senso di Peirce, cioè
qualcosa che conserva una traccia d’altro, e in queste tracce si pone sempre in
relazione a qualcosa, prima di tutto a ciò che esso presenta nelle forme di un eterno è-stato.
Il segno indexicale
dunque dice sempre qualcosa del suo oggetto d'origine, o dell’oggetto con cui è
in-relazione, mentre il segno iconico, quello della pittura, non dice niente a
proposito di uno stato del mondo reale se non in senso molto generale ed astratto.
Dice solo una possibilità ideale. Certo non è poco, anzi, ma è un’altra cosa, rispetto
alla fotografia che dice invece una rete di relazioni: con l’oggetto fotografato,
con il fotografo, con l’ambiente in cui si realizza.
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