Il
tempo fermo della foto si dinamizza grazie all’atto della lettura, che si
tratti di una singola foto quanto di una serie di immagini. Grazie al tempo
narrativo che l’osservatore reinventa, ricostruendolo a suo piacimento
l’immagine sembra rivivere il proprio tempo, ma anche altri tempi meno reali,
quelli dell’immaginazione, della creatività, della fantasia…. Osservando la
foto di un avvenimento, l’osservatore
cade in quel tempo, lo rianima, così come la pagina scritta, che è muta nel
libro chiuso, si rianima ogni volta che qualcuno la legge.
Così
per capire la fotografia è fondamentale, secondo me, fare l’esperienza di rileggere il primo libro
fotografico: The pencil of Nature di
William Fox Talbot (1844), bellissimo esempio di “calotipo” cioè stampa su
carta a partire da un negativo, elemento di progresso - ma ci vorrà tempo per
capirlo - rispetto alla copia unica del dagherrotipo. L’autore per dare maggiore rilievo a questo
innovativo prodotto, soprattutto in funzione della concorrenza con la pittura,
attribuisce l’onere del gesto artistico alla Natura stessa, è essa che
attraverso la luce produce quelle immagini che si conservano.
Scrive
lo stesso Fox Talbot a commento di una delle sue immagini, quella famosissima
dell’uscio aperto con la scopa appoggiata, che “noi abbiamo nella scuola
artistica olandese un precedente abbastanza autorevole per adottare come
soggetti di rappresentazione scene di fatti quotidiani e familiari. Spesso
l’occhio di un pittore si soffermerà là dove la gente comune non vede nulla di
notevole.” Il fotografo dunque fin da subito è consapevole che il suo
lavoro in aperta continuità, e dunque anche in competizione, con quella
particolare arte pittorica che rientra nel campo del realismo, si dispone
proprio all’incontro con il quotidiano. L’oggetto
banale, la scena comune, il particolare apparentemente privo di valore, che già
veniva esaltato dalla pittura realista, appare enfatizzato dalla fotografia,
con la differenza che verrà notata e sottolineata fin da subito, che la
fotografia è in grado di riprodurre particolari che nessun pittore sarebbe in
grado di replicare. Come arte realista la fotografia gode di una innegabile superiorità. La superiorità che
viene dal fatto che l’artista è la Natura stessa, gli altri, gli uomini, i
pittori, sono solo dei volgari copiatori.
Ecco
che la vecchia immagine dell’uscio socchiuso e della scopa appoggiata torna
ancora oggi a parlare, per dire una certa presunzione, una certa aria di
superiorità, quella che esprimono spesso coloro che nascono piccoli di fronte
ai grandi.