Ad oggi i fotografi hanno puntato i loro obiettivi:
- sul paesaggio, sulla città, sull’architettura
- sul volto, sulla persona per realizzare il ritratto del
singolo o del gruppo, sulle persone catturate nella vita reale o collocate in
posa
- sulle forme, sui colori, sui dettagli come astrazione
artistica del reale.
Ora si tratta di recuperare tutte queste possibilità – altre
non ve ne sono – spingendole verso un percorso di riflessione: rappresentare
per riflettere, oppure riflettere attraverso la rappresentazione. Non che i
grandi fotografi non l’abbiano sempre fatto, intendiamoci, Cartier-Bresson o
Luigi Ghirri questo hanno realizzato: hanno usato la rappresentazione per
riflettere sul mondo circostante, ma si è sempre trattato di una riflessione muta, più di un grido
d’angoscia (Diane Arbus, molta fotografia americana) inarticolato, che non di
una riflessione compiuta.
La filosofia per la sua stessa natura non può accontentarsi
del grido, della percezione, della silenziosa emozione di fronte all’immagine,
ha bisogno di trasformare l’immagine in una figura.
Cioè in una occasione di pensiero. La
fotografia può tornare ad essere figura della realtà, e dunque occasione per
uno sguardo critico, per una riflessione intorno alle sue ragion e ai suoi torti,
intorno ai nostri sogni di uomini di questo tempo, intorno a questo tempo e questo spazio entro cui costruiamo le nostre
esistenze. C’è molto da fotografare.