Il visibile è il leggibile (Suggestioni da Bourdieu)

Scrive Bourdieu che “la fotografia fissa un aspetto della realtà che è sempre il risultato di una selezione arbitraria e quindi di una trascrizione” (127). Lungi dunque da schiacciarsi su una forma piatta di realismo quasi meccanico, è viceversa necessario sostenere che “la fotografia è un sistema convenzionale che esprime lo spazio secondo le leggi della prospettiva (bisognerebbe precisare, di una prospettiva) e i volumi e i colori per mezzo di gradazioni dal nero al bianco.” (128)

Il fotografo comune vede attraverso l’obiettivo quel che ha imparato a vedere secondo la logica della rappresentazione che si è imposta in Europa a partire dal 1400. In questo senso “il visibile non è mai altro che il leggibile”. E dunque varia a seconda delle culture,  delle tradizioni, della diversità dei mondi che ogni operatore si trova alle spalle.

Persino nella sua natura più profonda l’atto umano va oltre la semplice tecnicità. È il caso del fatto che la fotografia immobilizza il tempo congelandolo. La fotografia infatti è sempre rappresentazione dell’istante nella sua unicità e singolarità.  Ebbene di fronte a questa inesorabile conseguenza tecnica, persino la fotografia popolare cerca di reagire usando inquadrature frontali e piatte (come mosaici bizantini) che offrono l’intemporalità, l’eternità immobile (esempio: gli sposi al matrimonio).

L’idea che attribuiamo alla fotografia di essere una fedele rappresentazione della realtà deriva dalla fiducia che riponiamo nell’automatismo dell’oggetto tecnico. Di qui, talvolta, anche i dubbi intorno alla sua artisticità, perché sembra superflua la mano dell’operatore. Ma ovviamente non è affatto così. Senza l amano dell’operatore la fotografia non esisterebbe. Ogni foto è la conseguenza di un atto intenzionale che ne porta quindi intera la responsabilità.

 

La fotografia nel XX secolo (Suggestioni da Bourdieu)

Il grande sociologo Bourdieu ci offre un  quadro della fotografia di massa del Novecento centrato intorno ad alcuni fatti sociali determinanti:

- in certi ambienti, per esempio quello contadino, la fotografia  è parte della cerimonia (matrimonio, nascita di un figlio…) come elemento di fissazione dei ruoli sociali e quindi di integrazione del gruppo;

- la fotografia ha un soggetto privilegiato nell’infanzia, in concomitanza con la nuova attenzione rivolta al fanciullo nel ‘900;

- la fotografia come testimonianza e ricordo: la foto del defunto.

Per ogni genere c’è persino una collocazione privilegiata: la scatola da mostrare occasionalmente nel caso dei figli; il salotto nel caso del matrimonio; la camera da letto per quanto riguarda i defunti.

In ambiente borghese la fotografia è anche una tecnica di reiterazione della festa. Essa consente di cogliere i momenti belli e trasformarli in bei ricordi.

Nella maggior parte dei casi il fotografo è il capofamiglia. In questo senso “tecnica privata, la fotografia produce immagini private della vita privata.”

In generale nel ’900 “la fotografia afferma la continuità e l’interazione del gruppo domestico e lo rafforza esprimendola.”  la fotografia rappresenta nel XX secolo una forma di continuità storica e quindi di consolidamento dell’identità. Soprattutto per le classi non nobili e non particolarmente ricche che non possono vantare la continuità dell’immagine dipinta (il ritratto).

L’area del fotografabile si amplia con i diffondersi della pratica delle vacanze. Anche se questo rende la fotografia più libera, si fotografa ciò che si deve fotografare. Il che significa che comincia ad imporsi una nuova grammatica estetica, e anche nuovi stereotipi: viaggio a Parigi=> foto con sfondo la torre Eiffel…

Ormai tutto questo appartiene ormai alla storia della fotografia e della società. Il mondo del XX secolo ci sta alle spalle, e anche se il tempo passato non è poi molto, la distanza appare abissale. La fotografia ha seguito pari pari il progresso vertiginoso della tecnica e delle forme di vita che la tecnica scatena e induce nella società.

 

La merce fotografia

Fa notare Benjamin che la pretesa della fotografia di essere considerata come un’arte è contemporanea alla sua mercificazione. D’altra parte la fotografia sembra proprio realizzare il sogni di una certa corrente artistica che voleva rappresentare il particolare realistico, il dettaglio, nella sua completezza. Ma da questo momento l’arte cerca di sfuggire al fotografico, come ci mostrano gli impressionisti. Si elude così il problema della concorrenza tra artisti e fotografi. Nel ‘900 la sfida prende una strada diversa con i surrealisti che cercano piuttosto di addomesticare artisticamente la fotografia utilizzandola come strumento, attraverso le tecniche del ritaglio, del fotomontaggio, ecc. ma è una sfida che non ha molto futuro e si esaurisce presto.

I fotografi non hanno compreso l’importanza della didascalia: “è la miccia che porta la scintilla critica al miscuglio delle immagini", dice ancora Benjamin.

La marcia trionfale delle fotografia non dipende dal fatto di essere una merce, anche il dipinto lo è, ma dal fatto che essa può offrire dei servizi all’economia della merce in generale: la dimensione della pubblicità deve tutto all’immagine fotografica e la pubblicità è il fondamento del sistema dei consumi contemporaneo.