È sempre falsificabile il
significato di una fotografia, e dunque il suo uso, il contesto in cui viene
utilizzata, ma non è veramente falsificabile la fotografia. E il fotomontaggio
che pare smentire questa affermazione in realtà la conferma, perché esso non fa
altro che sommare singole fotografie per le quali, individualmente prese, vale
ciò che si è detto.
In questo senso è possibile
affermare che la fotografia non mente, è il gesto a essa connesso, sia quello
di un fotografo, o del direttore di un giornale, o di un webmaster, che può
trasformarla in uno strumento di menzogna. Doppiamente subdolo perché inganna
fingendo di essere testimone veritiero. Ingannatore verso chi si fida direbbe
Dante. Nono cerchio dell’inferno.
E il digitale nonostante ciò che molti credono non ha affatto modificato questa situazione, che a impressionarsi non siano sali d’argento ma pixel non ha conseguenza alcuna sulla natura ontologia della fotografia. Semplicemente nell’epoca del digitale la fotografia appare come più facilmente falsificabile, ma non per questo più falsa. È sempre l’operazione di contesto che la rende menzognera. È una questione etica dunque non estetica.