Fotografia e pittura e luoghi comuni


In pieno ‘800 Gustav Flaubert scrive alla voce “Dagherrotipo” del suo Dizionario dei luoghi comuni:”sostituirà la pittura” (p. 40), e poi rimanda alla voce “Fotografia” dove ribadisce: “Spodesterà la pittura” (p. 50). Ora, tralasciando il riferimento circolare palesemente ironico, c’è da osservare che questa raccolta è una sorta di stupidario, cioè di luoghi comuni della buona convenzione borghese, di ciò che “si dice” perché… lo dicono tutti, non perché sia vero, di ciò che è opportuno dire in una conversazione elegante. E dunque già pochi anni decenni dopo la sua invenzione è luogo comune che la fotografia soppianti la pittura, un luogo comune che l’intellettuale più scaltrito può irridere, perché probabilmente si è già reso conto, come accade di solito ai grandi artisti che sono capaci di pre-vedere ciò che si profila all’orizzonte, che in realtà ciò non potrà accadere, perché nel frattempo la pittura stessa è cambiata. A Daguerre infatti risponde Cezanne! E di fronte alla fotografia che sa rappresentare ogni più piccolo dettaglio, ogni sfumatura, ogni piega, la pittura finalmente liberata dall’ossessione della realtà può lanciarsi nella creazione dell’immaginario. Ed entrare nel territorio oscuro e inesplorato della realtà allargata.

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