Il monumento del tempo

Quando fotografo una nuvola, non sto semplicemente fotografando il cielo, non sto cercando Dèi nascosti nell'altezza, non sto fuggendo dalla terra pesante che mi trattiene, sto semplicemente fissando l'istante, ore 15:25 del 26 giugno 2018: quelle nuvole sono quell'istante, quello spazio è quel tempo. 
Quando fotografo la mia città come se fosse deserta, sto fissando un tempo preciso che esiste soltanto in quella  fotografia, non un attimo prima, non un attimo dopo, non in un altro posto.
Allora, la fotografia non rende accessibile il passato, non rende vivo ciò che è morto, non rianima, ma fissa un'immagine di esso. Eppure non solo questa. 
La fotografia è come una traccia monumentale del passato in quanto oggetto che si conserva, e come tale, come oggetto materiale - carta o pixel - senza essere sottratto al lavoro del tempo. Come accade alla statua. La fotografia dice: esso è esistito e ora esiste ma non come allora. Esiste in un altro modo.
E' singolare che fra i diversi tipi di fotografia vi sia anche l'istantanea perchè  l'idea di fermare ciò che accade nel momento in cui accade, l'idea di Cartier-Bresson di cogliere l'istante decisivo, l'idea di tutti i fotografi documentaristi di cogliere l'evento nel momento irripetibile in cui accade, è appunto l'idea che nella fotografia l'istante presente possa restare qual è, esattamente qual è. Ciò che ovviamente è vero solo in parte, è vero per quella parte della fotografia che risponde alla sua natura di traccia. Tuttavia la fotografia è anche rappresentazione, ed allora ecco che l'istante presente diventa immediatamente ricordo, passato, è-stato, monumento appunto. Ciò rompe lo schema ingenuo del tempo sequenza cronologica, e introduce un tempo complesso, non è passato perchè l'immagine ripete l'istante presente (nel passato), e non è presente perchè l'immagine distanzia dal presente istantaneo e ripete l'è-stato, lo ripete e probabilmente lo proietta anche nel futuro.

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