C’è nella fotografia un
naturale contenuto di casualità: per
quanto essa sia intenzionale, per quanto sia studiata, inquadrata, pensata dal
fotografo, la natura riserva sempre un elemento di casualità, un punto, un
frammento, una briciola, un soffio di vento, un’ombra improvvisa… in essa vi è
sempre il colpo di dadi che va oltre, poco o tanto a ogni previsione, a ogni
progetto, a ogni intenzione. Quelle pieghe del vestito, o della tovaglia,
quella disposizione delle foglie, quelle onde… tutto ciò che la casualità determina nel ritmo delle cose e della natura
resta segnato nell’immagine fotografica e sporca, sposta, inquieta ogni
intenzionalità.
Allo stesso tempo, tuttavia, la
fotografia contiene un necessario rigore causale,
in quanto traccia, il soggetto che viene colto dall’obbiettivo determina
l’immagine, e vi lascia impresso un marchio temporale e spaziale: proprio in
quel momento, proprio lì. E per quanto il fotografo cerchi con la sua immagine
di garantire un elemento stabile, di continuità, per quanto cerchi di rappresentare
l’anima di un luogo o di una persona, sempre in quell’immagine vi sarà qualcosa
di niente affatto stabile, di occasionale, di casuale e insieme di necessario e necessariamente causato dal soggetto stesso.
In questo senso la fotografia è
molto vicina alla realtà stessa e al suo mix indistricabile di causalità e casualità.
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