In un'epoca (1859) in cui il fotografo è ancora un personaggio d'eccezione, fine artigiano e spesso niente affatto digiuno di competenze artistiche, Baudelaire descrive l'"industria fotografica" come "il rifugio di tutti i pittori mancati, troppo poco dotati o troppo pigri per portare a piena esecuzione i loro studi". Ma se questa è la critica feroce che egli manifesta mettendosi dalla parte del soggetto fotografo, non meno tagliente e definitiva è quella che espone mettendosi invece dall'altra parte, cioè da quella del fruitore della nuova invenzione. Da questa prospettiva, infatti, egli sottolinea come dal momento in cui ha cominciato a diffondersi la fotografia "la società immonda" si sia riversata "come un solo Narciso, a contemplare la propria immagine volgare sulla lastra".
L'allusione è ovviamente proprio alla pratica, fortunatissima nel XIX secolo, del ritratto fotografico che diventa alla portata di tutti. E che Baudelaire stigmatizza per la volgarità di un'immagine che sembra prodotta più dal casuale intreccio di raggi luminosi che dal sapiente lavoro dell'occhio e della mano dell'artista.
Dobbiamo pensare che quando lo stesso Baudelaire si fece ritrarre, in più occasioni, dal grande fotografo Nadar, riconoscesse in lui un pittore della vita moderna e non un semplice artigiano con una camera oscura e una lastra.
D'altra parte la critica di Baudelaire nonostante questa intima contraddizione, resta viva se applicata oggi al fenomeno della fotografia diffusa: inquadrare e schiacciare un tasto, soprattutto nell'epoca del digitale, regala a chiunque l'impressione di essere artista, cioè di potersi considerare un produttore d'opera.
Il turista fotografo alla ricerca della bella immagine, è quell'ingenuo artista mancato e un po' pigro che, senza studio, senza applicazione e senza talento, pretende di essere un artista agli occhi propri ma, oggi complici i social media, anche agli occhi degli altri.
In realtà, non possiamo comprendere la natura della fotografia nel Terzo Millennio se non a partire da una distinzione, per altro poco netta, dal confine instabile, quella tra la fotografia diffusa e la fotografia d'autore. La singolarità della prima è che in essa soggetto e oggetto tendono a confondersi, il fotografo e il fotografato sono per lo più, nella maggior parte dei casi lo stesso, anche se non presente nell'immagine l'autore resta il soggetto della fotografia (ho ripreso quel bel paesaggio per farti sapere che io sono stato lì), chi fotografa vuol essere parte dell'immagine per mostrare e mostrarsi insieme.
Viceversa la fotografia d'autore è la prosecuzione della grande fotografia del '900 a partire dal momento in cui la tecnica fotografica è diventata una tecnica artistica.
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