Fotografia aristotelica


È facile osservare la trasformazione dello statuto dell’oggetto a partire dalle fotografie pioneristiche di Fox Talbot, penso per esempio alla foto della porta aperta con la scopa, o a quella del covone di fieno. L’oggetto in foto non è mai l’oggetto-idea, come invece può intendersi l’oggetto disegnato o dipinto o scolpito, che non ha bisogno di una sua versione reale, al contrario l’oggetto fotografato è sempre un oggetto traccia di un altro oggetto reale, che sta cioè da qualche parte nel mondo reale, non nel mondo delle idee.  L’oggetto in fotografia è sempre un oggetto individuale, quello, proprio quello e soltanto quello lì indicato in quella frazione di spazio-tempo. La matita della natura, infatti, traccia sempre se stessa. Non la propria idea. La pittura da questo punto di vista è platonica quanto invece la fotografia è aristotelica.
La fotografia, non c’è dubbio, nasce pittorica, nasce infatti di fronte a una finestra: quella di Niepce è in definitiva la stessa finestra di Leon Battista Alberti. Ma ha nella porta di Fox Talbot la sua consacrazione, la prova della sua diversità e anche quella della sua individualità, di fronte a quella porta essa s’impone come l’arte degli oggetti individuali. Antiplatonismo per eccellenza. Di qui a Duchamp la strada è segnata. 

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