Il ventitreenne Mattia Campi lavora con intelligenza sulla
dinamica tra immagini e parole, e in ciò dimostra l’intenzione di percorrere
una via di ricerca che a me pare la più interessante e la più suggestiva per il
nostro tempo, quella nella quale l'immagine non è abbandonata alle evocazioni
estetiche, e ai formalismi ormai ripetitivi e stanchi, alle imitazioni di
esperienze già avvenute decenni fa, ma piuttosto cerca di sperimentare il
percorso dell'immagine che pensa.
Forse Mattia non ha ancora completamente trovato la sua cifra creativa e di
questo è seriamente consapevole, di sicuro però a mio modo di vedere, si è
messo sulla strada giusta per costruire una esperienza del fotografico né
banale né scontata. Un'esperienza dalla quale poter far emergere la sua
particolare visione del mondo, e la densità delle sensazioni e dei sentimenti
che il mondo è in grado di produrre nei suoi occhi e attraverso i suoi occhi nell'obiettivo
fotografico.
Verso l'immagine che pensa
Si è aperto da qualche giorno presso lo Spazio Piave 67 una
interessante mostra di un giovane fotografo friulano Mattia Campi, che propone
un suggestivo connubio tra una foto ancora abbastanza realistica e una ricerca
centrata sostanzialmente sulla didascalia, nel tentativo di costruire un legame
intenso tra le sensazioni e i sentimenti prodotti dell'immagine e il pensiero
che la didascalia può suggerire; immagini di vari luoghi e città vengono così
presentate a partire da titoli emblematici, evocativi come: solitudine,
fotografia in cammino, la ricerca del senso, la ricerca del significato, ricerca di
sicurezza, procedere della vita, attraverso le paure, insicurezza del percorso.
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