La questione dello specchio


C’è un’antica definizione del dagherrotipo offerta dallo scrittore Oliver Wendell Holmes secondo cui si tratterebbe “di uno specchio dotato di memoria”. È un’immagine molto bella e molto calzante che inaugura una luogo comune intorno al quale è il caso di  fare un po’ d’ordine.  
La fotografia condivide con lo specchio l’ambigua natura della menzogna rispetto alla vera natura degli oggetti, che non sono immagini bidimesionali, ma hanno un corpo e non solo un’apparenza. Al contempo contengono entrambi una segreta verità: l’oggetto è proprio quello che appare in quell’immagine, quell’immagine è figlia dell’oggetto, è sua traccia, senza quella cosa l’immagine dello specchio o la foto, non potrebbero esistere ed esse non sono mai soltanto rielaborazione di una mente creativa.
C’è un’altra singolare affinità tra l’immagine fotografica e l’immagine dello specchio. Entrambe infatti registrano il silenzio della materia, senza che vi si sovrapponga la mano dell’artista, oppure meglio: senza scaturire solo dalla mano di un artista. Come disse Fox Talbot, è “la matita della natura” che disegna la fotografia, non una mano umana. Oppure, possiamo pensare che il mezzo attraverso cui l’immagine si forma sulla superficie dello specchio oppure sulla superficie di una lastra, è lo stesso, è la luce. Da essa dipendono sia lo specchio che la fotografia.
Ma c’è anche una differenza essenziale: lo specchio dice dell’oggetto che c’è, la fotografia dice del mondo che è stato.  Lo specchio dice un presente attuale, la foto dice un passato cristallizzato. L’immagine appare sulla superficie riflettente solo fin tanto che essa è lì, che l’oggetto è presente, appunto, essa non ha memoria alcuna, non conserva, non trattiene. Invece la fotografia non solo rispecchia l’oggetto esterno, ma anche ne trattiene una immagine, una immagine del passato, l’oggetto era lì quando è stato immortalato dalla macchina fotografica. 
Infine, l’immagine dello specchio manca della natura di cosa a sé stante: c’è fin tanto che l’oggetto si specchia, non ha natura di oggetto a sua volta, la fotografia sì: essa è la cosa stessa che si rispecchia… in una cosa, un’altra cosa, la lastra di rame o di vetro, la carta, la stessa sequenza di pixel, costituiscono l’oggetto in cui si è materializzata l’immagine. Mentre lo specchio funziona come un contenitore della presenza, e persiste come oggetto vuoto, appunto come puro contenitore, la fotografia invece esiste singolarmente, come immagine di quella particolare cosa che si è tradotta in un’altra cosa, una cosa al quadrato. È l’immagine di quella cosa che diventa a sua volta oggetto nel mondo, e quindi soggetta al destino di tutte le cose del mondo.

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