Il fotografico ha certamente
mutato il nostro modo di osservare le cose: solo dopo la fotografia è possibile
infatti pensare il “frammento” dell’azione, il gesto congelato in un flusso,
perché la nostra percezione, da sempre, è immersa in un flusso inarrestabile in
cui tutti i gesti si sciolgono. La fotografia ci rende possibile fermare in
quel flusso un frammento, una traccia, un fotogramma. In modo particolare la fotografia del ‘900,
la fotografia istantanea, che non richiede più lunghe esposizioni, né
apparecchi ingombranti, ricordiamo che la Rolleiflex è del 1928, la Leica del
1932, e addirittura la Polaroid per la fotografia istantanea è del 1948. L’uomo
che salta la pozzanghera di Cartier-Bresson non è soltanto una foto che coglie
“l’attimo decisivo”, è l’emblema di un nuovo modo di osservare il mondo. Per frammenti. L’esplosione della fotografia
nel XX secolo corrisponde a una polverizzazione del tempo e a una trasformazione
del nostro modo di guardare e intendere il
mondo, non solo per insiemi, per globalità, ma anche per frammenti, per istanti,
per microfratture dell’insieme, della continuità del Processo. Lungi dal fermare
il tempo, dunque la fotografia contribuisce a farlo esplodere.
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