Ma davvero la fotografia deve
cogliere “l’attimo decisivo” come sostiene Cartier-Bresson? Proviamo un momento
a riflettere: cos’è veramente l’attimo decisivo? Secondo me l’ha chiarito
benissimo Willy Ronis, con una formula molto efficace: “immediatamente prima
dello scatto è troppo presto, subito dopo è troppo tardi”.
C’è soltanto quell’attimo, solo quello e nessun altro, allo stesso modo nel
pianoforte, accanto a ogni nota giusta ci sono due note sbagliate. Ma se questo
ci appare credibile se pensiamo a tutta la fotografia umanista francese della
quale rappresenta la formula, certo essa appare invece piuttosto anacronistica
di fronte a tanta grande fotografia di paesaggio o di architettura, nella quale
la fotografia non è tanto impegnata nel fissare un attimo irripetibile ma cerca
piuttosto di aprire una finestra sul mondo attraverso la quale il mondo possa
offrire di sé un volto non banale, non scontato, non già visto. Allora il soggetto
non è più tanto l’attimo irripetibile ma il mutevole stato del mondo che ho di fronte,
e, meglio ancora, lo sguardo attraverso il quale riesco a cogliere quello stato
e a trasformarlo in figura. La fotografia coglie stati del mondo, entro i quali
è inesorabilmente coinvolto lo stesso fotografo.
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