Qui una domanda s’impone: per
essere pienamente opera d’arte la fotografia dovrebbe rompere la dipendenza
causale, cioè violare il suo destino di traccia, facendola sovrastare
dall’intenzionalità dell’artista/fotografo? Ma noi sappiamo che questo non può
mai avvenire del tutto, altrimenti non avremmo più fotografia, ma avremmo altra
cosa, grafica, disegno con la luce, costruzione, ecc. Certo può avvenire in
parte: punto di vista, scelte tecniche, tempi di esposizione, diaframma,
inquadratura… rappresentano appunto questo tentativo, la post produzione è
l’altro componente oggi, in epoca di digitale, forse il più rilevante; il
fotomontaggio è stato il punto più estremo di questo tentativo nel tempo
dell’analogico.
Resta il fatto che la
fotografia può contenere rilevanti valori estetici ma al contempo non potrà mai
essere posta alla pari di fronte alla pittura, sarà sempre altra cosa, diversa
per natura. Ci sarà sempre un residuo non pittorico, ciò che rende fotografica
la fotografia, ovvero la sua natura di traccia del mondo.
Ciò non significa però, si badi
che la fotografia non possa essere arte a pieno titolo, il problema è che la
sua natura ibrida mette a dura prova le nostre convinzioni, evidentemente
deboli e non abbastanza fondate in merito all’estetica. Forse dobbiamo
cominciare a pensare che ci sia un elemento estetico nella natura stessa?
Perché sarebbe il solo modo per
accettare l’idea di una fotografia pienamente artistica, nella quale fosse riconosciuta
sia l’intenzionalità del fotografo, sia la sua stessa causalità di traccia del
mondo, il fatto è però che il mondo stesso non si mostra mai esteticamente, è solo
lo sguardo umano che vede la bellezza laddove c’è soltanto mondo, perché il mondo
è sempre il mondo di qualcuno, per qualcuno, e non si mostra cioè sotto il profilo della
bellezza, se non quando siamo noi, coloro che stanno in quel mondo, che lo intendiamo
al suo meglio. Il fotografo deve saper
cogliere questo momento.
Nessun commento:
Posta un commento