La fotografia è anche testimonianza del mondo. Tuttavia essa è povera di contenuto etico, documenta ma non spiega, informa che qualcosa è avvenuto, e forse avviene , ma non è in grado di fornire spiegazioni, nè soprattutto di prendere posizione rispetto ai valori di umanità e di civiltà che il fotografo o il suo lettore condividono o meno.
Secondo Susan Sontag il fotografo è interessato a quel che accade nel momento in cui scatta, e lo fissa lì per sempre, e quel gesto, fissare l'attimo invece che intervenire nell'evento potrebbe addirittura renderlo complice.
Non sarei così drastico, ma certo la fotografia documentaria conserva in sè una contraddizione irrisolta: se può essere etico documentare eventi drammatici per consegnarli all'informazione pubblica, e così sottrarli al silenzio colpevole che li copre, resta tuttavia - ecco la contraddizione - che l'effetto di denuncia è più forte se la fotografia è bella: ma la bellezza dell'immagine può sovrastare il contenuto di denuncia, il lato estetico può oscurare quello etico.
E' questa la contraddizione che resta sempre irrisolta di fronte alla grande fotografia documentaria. E' sufficiente pensare alle grandi mostre di un Capa o di un Don McCullin che viaggiano per il mondo ad esibire il talento di un fotografo, il suo coraggio, la sua capacità di cogliere l'attimo decisivo, ma che raramente sono occasione per una seria riflessione sulla follia della guerra.
Nessun commento:
Posta un commento