Siamo tutti fotografi ?

La fotografia è entrata nella quotidianità sia in senso passivo che in senso attivo. Nel primo caso in quanto siamo di fatto bombardati da immagini fotografiche attraverso i media, ma anche negli spazi di vita, lungo le strade, nei centri commerciali, nei negozi, nelle vetrine, ecc. In senso attivo in quanto il gesto di fotografare è diventato un gesto diffuso a livello universale. Non c'è turista che non si senta in dovere di fissare in una memoria fotografica le immagini, gli eventi, le scene del suo viaggio. Il cellulare, poi, ha reso questo gesto ancora più semplice, non è più necessario avere per le mani un apparecchio fotografico, basta qualsiasi telefonino e la fotografia è fatta. Anche il non turista, d'altra parte, può fissare un momento particolare, una emozione occasionale, un incontro, o documentare un fatto, o comunicare la sua posizione, il suo essere impegnato in qualche luogo. Ma non è necessario nemmeno un evento eccezionale, nè un luogo straordinario, perchè la fotografia sotto la veste del selfie è diventata pura comunicazione esistenziale: eccomi, esisto!
In questo senso siamo tutti fotografi e la fotografia non è  più un gesto speciale, ma ha invaso il quotidiano, e ne è diventata parte integrante. Tuttavia questo uso e abuso dell'immagine reale, testimonia certo del costitutivo bisogno umano di espressione figurata, di rappresentazione, ma come accade alle monete che si svalutano, anche la fotografia così diffusa e così universalmente praticata s'impoverisce di senso, diviene un gesto comune, diviene una attività incapace tanto di esprimere il meglio come nelle pratiche artistiche apollineee, quanto di esprimere il possibile come nelle pratiche artistiche dionisiache. E precipita invece nell'indifferenza e nella neutralità delle pratiche mercantili.

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