Martin Parr
Il numero 8 della Collana "Magnum La storia Le immagini" uscito in questi giorni è dedicato all'opera di Martin Parr. Vale la pena, per chi non lo conoscesse, soffermarsi su uno dei più singolari e creativi fotografi del nostro tempo. Ciò che mi ha sempre colpito del suo lavoro è il coraggio. Parr non è un documentarista, non è un fotografo di guerra, non è un esploratore di zone disperate del mondo, è un osservatore di particolari, un osservatore che però ha il coraggio di vedere l'orrore a casa nostra, la contraddizione tragica del nostro mondo. Parr ha fotografato, per fare un esempio, la Gran Bretagna degli anni '80, specchio di un occidente travolto dal consumismo e dall'inguistizia sociale, segnato dallo spalancarsi della forbice tra ricchi e poveri. Nelle sue fotografie impietose è apparso un mondo di gente ammutolita e sgomenta, e di fenomeni di massa, di cibi spazzatura, di coppie senza emozioni, di turisti omologati. Parr ha messo in ridicolo comportamenti stereotipati, ha fotografato, in un attimo di suprema ironia, la gente che fotografa compulsivamente. Ha cancellato dalla foto le figure standard, le inqudrature a regola d'arte, concentrandosi invece su dettagli mostruosamente enfatizzati, un cappello, un colletto da prete, le unghie di una mano, l'inquietante fessura di un mappamondo salvadanaio arruginito, una ciambella mangiucchiata, dei piedi, una fetta di polpettone... particolari della vita comune, della vita quotidiana, che così sottratti all'anonimato e resi portagonisti, si espongono come urla laceranti di una sguardo non neutrale, di uno sguardo che non può non dire le assurdità, le follie del nostro mondo, traccia e rappresentazione di una esistenza alienata e irridemibile.
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