La fotografia: una ferma avanzata


La fotografia rappresenta un tentativo di fermare il processo: essa interrompe lo svolgimento temporale come se si potesse immettere nel flusso un momento di ripetizione: allo stesso modo battere il passo interrompe lo svolgimento della marcia. Tuttavia l’immagine interrompe senza interrompere nulla: il processo infatti non si sospende affatto, anzi si moltiplica, la fotografia infatti dà origine a sua volta a una nuova linea spazio-temporale in quanto cosa nel mondo, in quanto oggetto, in quanto fatto cioè intreccio di relazioni e di eventi, destinato ad una storia, ad una mutazione, ad una trasformazione ecc.. Tuttavia essa continua indefinitamente a alludere a quella interruzione. Come l’angelo di Benjamin spinto in avanti inesorabilmente dal vento ma con la testa girata verso le macerie che vede dietro di sé.
Sostiamo un attimo a osservare la celebre immagine dell’uomo che salta di Cartier-Bresson, ecco, lì egli ha colto l’attimo decisivo, irripetibile, fulmineo, e l’ha immobilizzato, esso ora da allora ininterrottamente si ripete, senza però che nulla di quel momento sia ancora qui, l’uomo è certamente morto nel frattempo, quello spazio non è più come appare. Eppure quell’attimo si ripete, in una nuova storia che non è più quella dell’uomo che salta ma è quella della immagine che Cartier-Bresson ha realizzato dell’uomo che salta. E che ora possiamo vedere in un libro, sulle pagine di una rivista, in una mostra ecc.

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