Le due/tre piste


La ragion d’essere della fotografia come oggetto materiale, come cosa, può essere indagata da due fondamentali punti di vista: da un lato essa è legata alla dimensione ottica, e mette in gioco fattori legati al vedere, alla luce, alla prospettiva, alle dinamiche della visione in generale, al rapporto tra gli oggetti e la luminosità, e perfino ai misteri della luce miscela di onda e di corpuscoli. Dall’altra prospettiva invece, essa può essere studiata in quanto prodotto di un percorso chimico, perché almeno fino a pochi anni fa, la fotografia era proprio questo, un susseguirsi di scoperte di natura chimica intorno ad alcune sostanze reattive alla luce, in questo caso la storia della fotografia potrebbe essere tradotta in una storia della chimica, e i protagonisti sarebbero il bitume di Giudea, lo ioduro d’argento, i vapori di mercurio, l’iposolfito di sodio, i sali d’argento, il collodio, ecc. Oggi la storia chimica della fotografia si conserva solo nel momento della stampa, perché invece l’oggetto come tale appartiene piuttosto a una nuova dimensione, e quindi una nuova pista, alla dimensione del digitale, e quindi i protagonisti dell’oggetto materiale fotografia sono i pixel e le loro combinazioni.

Ciò che comunque nessuna mutazione può cancellare, ciò che le due/tre piste dimostrano con chiarezza, è che la fotografia è sempre tanto rappresentazione quanto oggetto. La sua natura inevitabilmente duplice che ne fa un ibrido molto problematico ma proprio per questo anche straordinariamente interessante da indagare.

Nessun commento:

Posta un commento